
Omicidio di Giulia Cecchettin: Motivazioni dell'ergastolo per Filippo Turetta. Perché la Corte ha escluso l'aggravante della "crudeltà"
- Annamaria Niccoli, Giornalista
- 8 apr
- Tempo di lettura: 2 min

Articolo di Annamaria Niccoli
L'omicidio di Giulia Cecchettin avvenuto l'11 novembre 2023 a Fossò, in provincia di Venezia e vicino a Padova. La ragazza venne uccisa con 75 coltellate dal fidanzato Filippo Turetta, condannato all'ergastolo il 3 dicembre 2024 dalla Corte d'Assise di Venezia. Le motivazioni della condanna, pubblicate successivamente, sottolineano un delitto radicato nell'"arcaica sopraffazione", alimentato dall'incapacità di Turetta di accettare l'autonomia e la libertà della giovane.
I giudici hanno qualificato l'atto di Turetta come frutto di "motivi vili e spregevoli", connessi al rifiuto dell'indipendenza di Giulia, addirittura nelle "più banali scelte di vita". La Corte ha evidenziato come l'omicidio sia espressione di una "cultura patriarcale" che nega il diritto delle donne alla libertà, convertendo il possesso in violenza.
L'aggressione è durata alcuni 20 minuti, in cui Giulia ha avuto l'"imminenza della morte". I 75 stoccati di coltello, descritti dalle registrazioni video esaminate come "concitati e quasi alla cieca", sono stati imputati all'inesperienza e goffaggine di Turetta. La Corte ha escluso l'aggravante della crudeltà: i colpi non erano rivolti a procurare sofferenza aggiuntiva, ma a "portare a termine rapidamente l'omicidio". Turetta si è avventato a percuotere fino a quando non si è accorto che Giulia era morta, arrestandosi solo dopo averle pugnalato un occhio, atto che lo ha "impressionato".
Le lesioni, anche se molte, sono state giudicate opera di panico e di incapacità, non di volontà di "scempio". È stato stabilito che Turetta ha agito con freddezza razionale, dopo aver scelto un luogo remoto per nascondere il corpo, ritardandone il ritrovamento. Le intercettazioni in carcere hanno rivelato la sua consapevolezza delle prove a suo carico, nonostante le menzogne agli inquirenti. Durante gli interrogatori, ha ammesso solo circostanze già accertate, omettendo dettagli chiave emersi dalle indagini. La Corte ha chiarito che non esiste alcuna prova che Turetta avesse voluto allungare l'agonia di Giulia. Il numero di coltellate non provava in sé stessa crudeltà, ma inefficacia a produrre una morte rapida.
La dinamica "efferata ma non deliberata" escludeva un piano premeditato di tortura.
La condanna giudiziaria coinvolge non il solo atto, bensì l'ideologia velenosa che lo ha prodotto: l'esclusione dell'autonomia femminile, spesso al fondo dei femminicidi. Il caso ha riavviato in Italia il debate sul bisogno di Istruire al rispetto delle relazioni affettive, contrastando stereotipi di possesso.
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